di Rina Di Giorgio Cavaliere
Foggia,
8 marzo 2016
Anche per questo quarto anno il concorso
“Clio – Storia di donna” ha registrato consensi nel numero dei partecipanti e
nella qualità degli elaborati pervenuti presso l’ufficio del Centro Nazionale
della Bontà nella Scuola “L. Tempesta” presso l’Istituto Comprensivo San Ciro,
dirigente Lucia Magaldi, in via Labriola a Foggia.
Si continua a parlare della condizione
femminile e del fatto che culturalmente e socialmente c’è ancora molto da fare;
non bastano le leggi, che pure conservano altissimo valore e sono una grande
conquista, perché c’è tutta una mentalità da modificare.
Il compito della scuola è indubbiamente
arduo e dovrebbe essere intrapreso dai genitori sin dai primi anni in famiglia:
uno dei principali scopi dell’educazione è quello di sviluppare la creatività
nei giovani, per porsi difronte alla realtà senza pregiudizi e condizionamenti.
Alla costruzione di un nuovo modello
d’istruzione concorrono gli strumenti didattici aggiornati, ma soprattutto
l’impegno concreto, competente e responsabile degli operatori del settore:
famiglia, scuola, istituzioni pubbliche e private.
La commissione composta da Rina Di
Giorgio Cavaliere, Anna Moffa e Salvatore Montorio ha premiato: Aurora Sacco
per il settore Junior e Lucia De Luca per il settore Major. Donna dell’anno è risultata
la prof.ssa Ester Scillitani per l’alto contributo culturale e umanitario
profuso a favore della città di Foggia in ambito scolastico e sociale.
° ° °
Aurora
Sacco:
Ricordo di donna
Oggi vi parlerò di una donna, lei è la
mia maestra; si chiama Antonietta; ha i capelli corti, color castano, occhi
marroni, occhiali tondi. Lei ha un lavoro fantastico, non solo in una giornata
fa mille attività, ma viene a scuola e fa imparare nuove cose a noi bambini. E’
gentilissima, ha un carattere molto divertente, però quando è seria è seria.
In prima elementare, il primo giorno di
scuola, la maestra regalò ad ognuno di noi delle girandoline, da tenere per
tutta la giornata sul banco e quando ce ne dovevamo andare, le mettevamo sula
cattedra.
Poi,
per chi piangeva, la maestra aveva un peluche, di nome Spillo, che metteva sul
banco
del bambino che piangeva e noi lo accarezzavamo. Ci tornava subito il sorriso.
Lei ci fa scrivere temi, proprio come questo!
E anche poesie. Ci ha fatto conoscere il Trinity. Infatti adesso siamo al 3°
livello e suoniamo anche uno strumento: il flauto.
Lei è molto generosa. Una volta faceva
caldissimo. La maestra ci fece uscire dall’aula, prese due bottiglie di acqua
minerale freschissima e ce ne diede un bicchiere ciascuno.
Be’, questo è tutto quello che avevo da
dire su di lei . . . è bravissima, divertente e generosa!
In
poche parole è una persona speciale!
Lucia
De Luca:
La nonna
Nel 1880, nel panorama ge3o-politico dell’Italia
meridionale, il servizio postale assume una connotazione storica precisa: i
dispacci viaggiano in carrozza, mentre nel primo ‘900 vengono affidati al
servizio pubblico della Società Automobilistica SITA che si avvale dei pullman
di linea.
A conferire l’incarico della consegna
domiciliare della posta è il Sindaco: dapprima ad un impiegato statale poi a un
privato cittadino, stipulando una prestazione d’opera su base fiduciaria. La
memoria storica, per quanto fugace, ci consegna una certezza: il lavoro alle
dipendenze dell’Ente Locale, seppur poco remunerativo, crea una parità di
genere nel contesto bellico dell’Italia, consapevole dell’ascesa repentina
della donna; quest’evento viene percepito senza apprensione ricevendone una
doppia dignità sociale. Una signora, che non ha ancora ottenuto il diritto al
voto, modifica il rango tradizionale di moglie e madre. In tale ambito
s’inserisce la storia coraggiosa di Maria, meglio nota come comare Mariuccia:
mia nonna.
Tutti gli uomini italiani sono in guerra
e le donne di casa, invece di piangere e sospirare, sostengono lo sforzo
bellico e acquistano visibilità patriottica: raccolgono lana per gli alpini,
forniscono manodopera alle fabbriche di munizioni, coltivano i campi
abbandonati, prestano fede alla vittoria dell’Italia e si improvvisano
infermiere dell’anima.
Mia nonna, contribuisce al welfare
nazionale consegnando a domicilio la corrispondenza, da e per il fronte.
Appartiene di diritto al ceto medio-alto del paese: proprietaria di casa,
opifici e tenute, sovrintende al mulino di notte e al forno all’alba, accudisce
sette figli al mattino, prepara il pranzo a mezzogiorno e assiste i suoceri di
sera ritagliando, all’occorrenza, un momento di preghiera. Avendo ricevuto
l’istruzione di base, che riscatta un percorso di vita contrapposto alle
coetanee contadine, diventa un personaggio di esemplare contegno con
propensione alle relazioni sociali: capelli raccolti in crocchia sulla nuca,
occhi azzurro mare, profilo francese, passo atletico e una folata di “Violetta
di Parma” anticipano il suo arrivo.
Gravata di ulteriore responsabilità
diventa l’antesignana delle portalettere moderne munite di mezzi di trasporto e
casco obbligatorio: percorre vicoli, piazze e scalinate senza sosta con la
borsa di cuoio a tracolla, bussa alle porte chiuse, saluta e consegna le
missive due pomeriggi a settimana; ma queste azioni implicano, oltre al
recapito della corrispondenza, la lettura a viva voce delle notizie agli
analfabeti, la scrittura sotto dettatura delle lettere da spedire al mittente
e, spesso, la consolazione di madri o vedove sofferenti per i congiunti
lontani, senza che aleggiasse il minimo sospetto di violazione della privacy.
Dalla prima alla seconda guerra mondiale.
Ne’ l’epidemia di “spagnola” né
l’insediamento tedesco nel quartiere arrecano disagio al suo operato: tutti si
compiacciono e mostrano un’aura di deferenza. Cessata la guerra, termina la sua
attività ma il ricordo non si esaurirà.

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