di Rina Di Giorgio Cavaliere
L’Osservatorio sui diritti delle donne in Afghanistan è un
organismo istituito dalla Commissione per i Diritti Umani del Senato dopo il
ritiro delle truppe americane da Kabul. Alcune parlamentari italiane s’impegnano,
perché non si spenga l’interesse sul dramma che coinvolge migliaia di donne,
costrette a vivere sotto il regime dei talebani in assoluta miseria, private di
ogni libertà a cominciare da quella del diritto allo studio. Al di fuori del
Parlamento è possibile individuare la presenza di altre organizzazioni, come
Pam Italia (Agenzia delle Nazioni Unite che si occupa di assistenza alimentare,
premio Nobel per la pace nel 2020); con Banca Intesa ha lanciato un progetto
secondo i principi del World Food Programme che da oltre sessant’anni aiuta le
categorie più deboli e sofferenti, per eliminare discriminazioni di razza e di
genere. La visione dell’umanità tormentata dalle guerre (si contano 359
conflitti nel mondo, a cui si aggiunge la recente invasione dell’Ucraina),
dalle malattie (i due anni di pandemia) e il processo di condizionamento e di
massificazione, che sembra poter travolgere ognuno di noi, ci esortano ad agire
insieme in difesa del bene comune.
“La cultura non può
essere un privilegio, non può appartenere solo a chi ha elevate capacità di
ragionamento, o essere riservata al sesso maschile, la cultura è una dimensione
umana, riguarda più l’essere, la vita, che non il sapere; e ciascuno, a modo
suo, vi può accedere, se impara a coltivare la propria umanità”. Sono queste le
parole del filosofo Jacques Maritain pronunciate nel lontano 1941 durante un
discorso inaugurale all’Hunter College di New York e pubblicate da Donald e Idella
Gallangher nell’antologia di scritti pedagogici dal titolo “The Education of
Man” (University of Notre Dame Press, Notre Dame, 1962). Il tempo è un
paradigma importante con cui l’intenzionalità educativa della società deve
relazionarsi (dati alla mano, raggiungeremo la parità occupazionale solo nel 2033).
Il riconoscimento dell’uguaglianza di diritti per la donna nei confronti
dell’uomo ha segnato nella carta mentale della distribuzione spaziale
qualitativa (ovvero etnia, cultura, lingue e religioni) delle popolazioni nel
mondo una grande conquista umana. In occasione della celebrazione della
Giornata internazionale della donna, 8 marzo 2022, dovremo fare un bilancio oppure
semplicemente accendere una spia di attenzione sugli obiettivi prefissati in
termini di diritti politici, economici e sociali; con quali mezzi e scopi è
comunicata l’innovazione considerata necessaria.
Papa Francesco nel Messaggio per la V Giornata Mondiale dei
Poveri ha evidenziato il permanere e l’amplificarsi delle disuguaglianze e dei
conflitti a danno dei più deboli: giovani, donne, minoranze. In tale contesto un
posto estremamente significativo è occupato dalle Caritas Italia. Ricordiamo i
6780 servizi promossi e sostenuti nel 2020; ne hanno beneficiato 1,9 milioni di
persone, il 50,9% donne, oltre ai numerosi interventi di oggi in aiuto dei
bambini e delle donne ucraine. Nonostante la forte crisi economica, le comunità
religiose rimangono il lievito fecondo della vita della Chiesa e i guardiani
che l’Europa di oggi deve custodire. Tant’è che san Giovanni Paolo II e
Benedetto XVI auspicarono invano l’inserzione nel testo della Costituzione
europea, entrata in vigore il 1° dicembre 2009, di un riferimento alle radice
cristiane dell’Europa accanto a quelle storiche dell’eredità greco-romana.
La cristianità ha avuto un grande ruolo nel processo di emancipazione
della donna. E’ cominciata quando il Vangelo venne predicato a tutti: greci,
ebrei, poveri e ricchi, maschi e femmine come esseri chiamati alla stessa vita
divina e alla stessa libertà di figli di Dio. Il senso della dignità umana è il
contrassegno di ogni civiltà di origine e fondazione cristiana anche quando la
nostra mente lo dimentica. I gruppi dominanti sotto il profilo economico, politico
e scientifico tendono perlopiù a mantenere o a modificare, nel senso loro
voluto, le norme di convivenze e i valori che sono propri di una società.
Costituiscono i cosiddetti modelli culturali, che penetrano tanto profondamente
nella vita degli uomini da condizionare il loro comportamento pure quando
intuiscono l’opportunità di essere diversi.

|