Le moderne tecnologie
informatiche testimoniano la presenza del latino sui diversi canali della
comunicazione e danno della lingua latina la documentazione conforme alla
realtà, applicata a più livelli; legata all’italiano per studiare l’evoluzione
delle parole attraverso successivi momenti di variazione vocalica e geminazione
o integrata nelle lingue straniere. In alcuni programmi televisivi, poi, ci si
sofferma sullo studio comparato del latino per scoprire la polisemia delle
parole e la sopravvivenza nel tessuto linguistico attuale con valore diverso (termini
come dividendo, gestione, administration, export). Per di più il concetto di
sintassi e di grammatica, che accompagna lo studio delle lingue, è funzionale nella
comprensione dei linguaggi tecnici, scientifici e settoriali. Il nostro
pensiero procede dal noto all’ignoto; anche discipline nuove come l’informatica
prevedono un metodo “top down” (dall’idea centrale si giunge ai concetti derivati)
e “bot-tom-up” (dai dettagli si risale al generale).
Nel ristretto numero
delle sperimentazioni, che percorrono nuovi campi d’indagine, è inclusa
l’italiana Expert.ai, che si occupa di intelligenza artificiale e ha sviluppato
una piattaforma per il Natural Language Processing. Funziona come un
esoscheletro cognitivo (inizialmente per l’italiano, ora in dodici lingue
diverse), analizza un testo e genera una mappa cognitiva, individuando i legami
tra i vari elementi che poi scompone mediante l’analisi grammaticale, logica e
semantica; ma al comando resta l’essere umano. E’ doveroso mantenere in primo
piano la centralità dell’uomo e all’interno dell’odierno contesto storico
l’attenzione alla dimensione relazionale. Costituiscono le nuove e vitali forme
di razionalità di marca dialogica, come dice il filosofo dell’agire
comunicativo J. Habermas, orientate alla solidarietà e alla cooperazione. La
cultura della comunicazione non è più sufficiente a tenere in pugno un
complesso di realtà che richiede competenze adeguate, alte tecnologie, spirito
di collaborazione, mentalità aperta e attenzione agli altri.
Sospinto dai
cambiamenti in atto, si ripropone con forza il tema, non nuovo, del diritto
alla pace, condizione per il rispetto di tutti gli altri diritti. Un monito ai
governanti fatto proprio anche da papa Francesco quando domenica 15 maggio, nel
proclamare dieci nuovi santi, ha detto: «Ispirino nei politici soluzioni di
pace». Dare forma a ciò che i santi in una pluralità di linguaggi comprendono,
cantano, celebrano nell’ottica del divino: ogni uomo è un vivente in relazione
viva con la natura. Durante la cerimonia svoltasi in piazza San Pietro papa
Francesco ha pronunciato la tradizionale formula di canonizzazione, mantenuta nei
riti latini. A cominciare dal IV secolo d. C. l’uso della lingua liturgica ha
la sua base nel latino biblico (nel cristianesimo dei primi secoli a questa
funzione aveva adibito il greco).
L’evangelizzazione raggiunge
popoli che l’impero di Roma non era giunto a dominare o assimilare. Il latino
della cristianità risente dell’influenza esterna esercitata dalla religione
sulla diffusione e sul consolidamento della latinità; inoltre di quella interna
sulle strutture e sui caratteri con innovazioni di ogni genere. E’ la religione
degli umili; la composizione sociale delle prime comunità dei fedeli, le
esigenze di un proselitismo fra le masse e lo spirito egualitario fanno sì che
il cristianesimo porti con sé una forte corrente di volgarismi. Non si stacca
dallo svolgimento storico di tutto il tardo latino, ma lo stesso Sant’Agostino,
sulle nuove denominazioni cristiane dei giorni della settimana, afferma:
«Habent enim christiani lingua sua, qua utantur» (cfr. Enarrationes in Psalmos,
93,3.). Con la prima predicazione cristiana s’affaccia la prospettiva di un
capovolgimento dei rapporti di prestigio fra classicismo e volgarismo che segna
una svolta decisiva nella storia plurisecolare della tradizione latina sino a
quando la pace costantiniana (313) favorirà il ravvicinamento fra cristianesimo
e classicismo.
di Rina Di Giorgio Cavaliere |