Foggia, 22 ottobre 2020.
Nonostante il brutto, ennesimo, risveglio di questi giorni c’è oggi più che mai la necessità di gridare al mondo intero che Foggia non è solo malaffare, non è solo criminalità. È questo il senso di chi, in questi anni, ha portato avanti un ambizioso progetto poi divenuto realtà. È questo il motore che ha spinto tantissime persone legate da una fitta rete di associazioni presiedute da operatori, professionisti e singoli cittadini a credere in Parcocittà che fin dal suo primo giorno, sin dal suo primo vagito ha avuto una sola missione: raccontare una nuova storia, colorare la vita delle persone e aiutarle a sfogliare finalmente nuove pagine. Parcocittà non è solo uno strategico avamposto di legalità oggi più che mai indispensabile nella “città delle bombe” come qualcuno la definisce, ma finanche un crocevia di spaccati di vita vissuta, talvolta diversi tra loro ma che nella loro differenza si contemplano, si rafforzano e creano un qualcosa di nuovo, di bello e importante. Parcocittà è come una mamma che si prende cura dei propri figli: nonostante le difficoltà legate all’emergenza sanitaria anche quest’estate il Centro Polivalente di via Rovelli è riuscito ad organizzare un cartellone musicale di tutto rispetto. D’altronde avete mai visto una madre che nonostante le avversità della vita non si è spesa fino all’ultimo respiro per il bene dei propri figli? In questi anni c’è stato un programma estivo che ha visto alternarsi nella splendida cornice dell’anfiteatro artisti del calibro di Ghemon, Kiave, O' Zulù, Inoki. Come dimenticare, poi, Roberto Ottaviano, tra i nomi più importanti della rassegna jazz. “L’idea di Parcocittà e del suo duro lavoro di questi anni – spiega il musicista - mi ha riportato a due considerazioni: la prima è quella più strettamente legata alle mie memorie, agli anni della formazione in cui un’artista deve disegnare il perimetro della sua militanza nel mondo della cultura soprattutto attraverso il coinvolgimento di una comunità; la seconda rientra invece nell’esperienza diretta con il Centro: ho visto la genesi di quel luogo, dal suo stato di abbandono e di totale incuria al suo recupero, alle tantissime attività che poi sono state fatte e che rappresentano oggi un termometro indispensabile a valutare come ci sia ancora un margine di azione anche in territori che vivono notevoli difficoltà che non sono solo economiche ma di possibilità – continua. Di Parcocittà conservo moltissimi bei ricordi legati alla mia ultima esperienza: l’accoglienza in primis che non è mai mancata. C’è stata una notevole attenzione all’aspetto organizzativo delle serate. Sono riusciti a creare quel giusto equilibrio indispensabile a far esprimere un’artista in un contesto in cui, purtroppo, bisogna fare i conti col distanziamento sociale e tante altre esigenze dovute all’attuale momento storico. Osservare un gruppo di ragazzi entusiasti, partecipi e professionalmente motivati è significato tanto per me. È stata una bellissima occasione che solo qualche giorno dopo ho voluto testimoniare sui social – conclude - mi sembrava giusto riconoscere l’impegno, il duro lavoro ma soprattutto il loro profilo umano. Credo che questa potrebbe essere un’occasione significativa affinché la comunità tutta e le istituzioni riconoscano il loro giusto diritto a continuare la loro azione, anzi, sostenendoli con più forza, più di quanto è stato fatto finora”.
di Redazione |