di Gerardo Leone
Foggia, 7 maggio 2016.
Il 10 maggio, alle ore 18, nell’auditorium del Dipartimento di Economia dell’Università di Foggia (via Romolo Caggese), sarà presentato il il libro della giornalista Ebe Pierini “Centottanta giorni – Storie di soldati italiani in Afghanistan” (Herald Editore). L’autrice è stata nove volte in Afghanistan, assieme ai militari italiani, e ha avuto modo di lavorare al loro fianco anche in Bosnia, Kosovo e Libano. La presentazione, organizzata dal Comune di Foggia con il patrocinio dell’Università di Foggia, si aprirà con l’intervento del sindaco Franco Landella e dell’assessore alla Pubblica Istruzione Maria Claudia Lioia. Modererà l’incontro il giornalista Loris Castriota Skanderbegh. Sarà presente una rappresentanza di soldati che prestano servizio in città. «Centottanta giorni, sei mesi. È il tempo che ogni soldato che parte per una missione trascorrerà lontano da casa, dai suoi affetti, dal suo mondo -spiega l’autrice-. Il conto alla rovescia, una volta messo piede in Afghanistan, comincia da lì, da quella cifra, da centottanta. È una tradizione, è la prassi. Centottanta giorni che possono apparire un’eternità se si vive in condizioni disagiate, in una situazione di rischio costante, lontani migliaia di chilometri dall’Italia. Centottanta giorni durante i quali si rafforzano i legami, si riscopre la profondità delle amicizie, quelle vere. Si divide tutto, dal cibo ai rischi. Ci si protegge a vicenda. I commilitoni diventano fratelli. Per centottanta giorni si smette di essere un plotone, una compagnia, un reggimento, una brigata e si diventa famiglia. In trenta storie, la vita, la morte, gli attentati, gli spari, i momenti di condivisione, le festività passate lontani da casa, le ritualità, le difficoltà logistiche, le paure, le amicizie -conclude-. Trenta storie che raccontano i centottanta giorni di alpini, paracadutisti, fanti, bersaglieri, genieri, cinofili, piloti, marinai, avieri, carabinieri del contingente italiano in Afghanistan. Attimi di vita e di missione che possono aiutare a meglio comprendere qual è stato, in tutti questi anni, l’impegno dei nostri soldati in quel Paese lontano».

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