di Rina Di Giorgio Cavaliere
«Gli astri nella costanza delle loro
rivoluzioni non possono seguire un movimento fortuito, perché le cose prodotte
dal caso sono spesso soggette a turbamenti e a collisioni. Una legge eterna
governa quest’armoniosa rapidità, la quale sostiene tutto quanto abbraccia la
mole della terra e del mare e i tanti astri che brillano ciascuno al suo posto.
Un tale ordine non può appartenere alla materia vagamente agitata. Una riunione
di elementi senza piano e senza disegno non avrebbe questo equilibrio, né tanta
saggia disposizione. L’universo non può essere senza Dio. E’ una grande cosa,
più grande di ogni concezione umana, la divinità al cui servizio è consacrata
la nostra vita. Non è necessario innalzare le mani verso il cielo e scongiurare
il custode del Tempio che ci acconsenta di accostarci al simulacro di Dio per
essere meglio ascoltati. Dio è vicino a noi, è con noi, è dentro di noi: uno
spirito santo risiede in noi, osservatore e custode delle nostre azioni; e noi
dobbiamo vivere con gli uomini come se Dio ci veda e parlare con Dio come se
gli uomini ci ascoltino».
Non sono le parole di un apologeta, di un
Padre della Chiesa, ma di un pagano, di un romano vissuto negli anni in cui
Cristo predicava in Galilea, ma che il Cristo non aveva ancora conosciuto. E’
Seneca, il filosofo, che così scrive nelle “Lettere a Lucilio”. E’ l’idea di
Dio, del Dio annunciato da Cristo, che si fa strada, che matura nelle genti e
che prepara il mondo a riceverlo: tutti sono parte di uno stesso impero e allo
stesso modo sono sudditi tutti di uno stesso Imperatore, e tutti sono figli
dello stesso Dio. Questo, dunque, è il momento, il tempo giusto per l’annuncio
della buona novella: tutti gli uomini sono fratelli.
Nel mistero dell’Incarnazione il posto
privilegiato appartiene a Maria, così come il Concilio Vaticano II ha proposto,
specialmente nella “Lumen Gentium” al capitolo VIII: «Volendo Dio
misericordiosissimo e sapientissimo compiere la redenzione del mondo, quando
venne la pienezza dei tempi, mandò il suo Figlio, fatto da donna . . . affinché
ricevessimo l’adozione in figlioli» (Gal. 4, 4-5). Maria è direttamente
collegata con la Chiesa. Afferma Papa Paolo VI nella “Marialis cultus”: «Quando
la liturgia rivolge lo sguardo sia alla Chiesa primitiva che a quella
contemporanea, ritrova puntualmente Maria: là come presenza orante insieme con
gli apostoli; qui, come presenza operante insieme con la quale la Chiesa vuol
vivere il mistero di Cristo; e come voce di lode insieme con la quale vuole
glorificare Iddio; e, poiché la Liturgia è culto che richiede una condotta
coerente di vita, essa supplica di tradurre il culto alla Vergine in concreto e
sofferto amore per la Chiesa» (n. 11).

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