di Rina Di Giorgio Cavaliere
I parchi e le
aree protette oggi rappresentano l’occasione per riproporre in maniera più
efficace questioni irrisolte. La ricerca scientifica, il monitoraggio, la
sorveglianza e la manutenzione degli ambienti naturali con l’educazione
ambientale, la promozione del turismo sostenibile, la valorizzazione dei beni e
delle tradizioni culturali costituiscono i nuovi servizi per una gestione
dinamica e moderna del patrimonio naturale. Un tempo gli animali popolavano
tutte le zone dell’Africa e il deserto era coperto da migliaia di chilometri
quadrati di foreste. Il disboscamento, la caccia spietata e le razzie dei
trafficanti di schiavi hanno annientato alcune specie e posto in pericolo molte
altre. La Repubblica Sudafricana vanta il maggior numero di parchi nazionali;
il più famoso è il Kruger Nazional Park che copre una superficie di kmq 19.000
a seguire Sudan, Congo, Kenia, Uganda e Tanzania.
L’Italia è il
paese più ricco di biodiversità in Europa, interessata da un progetto di
conservazione della natura competitivo nel mondo; in particolare dopo la legge
quadro sulle aree protette (394/91), la percentuale di parchi, riserve marine e
terrestri si è quasi triplicata a vantaggio delle tradizionali attività, che
vanno mantenute e valorizzate in quanto produttrici di gran parte della
speciale biodiversità attuale. Il Bioparco di Roma, che ospita 1194 animali di
222 specie diverse, si è trasformato da giardino zoologico in una struttura che
conserva risorse naturali ed effettua ricerche scientifiche. Di recente è stata
diffusa la notizia della nascita di alcuni tapiri, tamarini e lemuri
nell’ambito del programma di conservazione delle specie rare, la cui esistenza
negli ambienti naturali è spesso a rischio. Salvare una specie in estinzione in
nome della biodiversità è importante, vuol dire contribuire a un esito positivo
dell’incoerenza del mondo contemporaneo dove enormi possibilità distruttive
convivono con potenzialità creative mai esistite prima (ricordiamo la Giornata
mondiale degli oceani dell’8 giugno).
Nel corso dei
secoli gli studiosi di fronte all’enorme numero di specie viventi che popolano
la terra, si sono posti alcune domande sulla modalità delle forme così diverse
l’una dall’altra, sullo scopo del loro comportamento, a quali funzioni
adempissero gli organi di cui erano dotate e perché le specie vissute nel
passato fossero così diverse da quelle di oggi. Alcune idee guida sorgono
contemporaneamente in diverse discipline, in sintonia con la cultura regnante
in un determinato momento, difatti, nel XVII secolo sorse un’accesa
controversia in Biologia, Geologia, Astronomia tra catastrofisti e
continualisti.
Una dogmatica
affermazione della “permanenza della specie” fu quella del naturalista svedese
Charles von Linnè (o Linneo): le diverse specie viventi sono quali furono
create all’inizio. A questa si aggiunse un’altra proposta del naturalista
francese Georges Cuvier, secondo cui non si sarebbe avuta una sola creazione di
specie, ma almeno tre creazioni successive, molto simili fra loro, ognuna
interrotta da un’immane catastrofe, durante le quali tutte le specie viventi
sarebbero perite. In questo modo fecero la loro comparsa le dottrine
evoluzionistiche sull’origine della specie del naturalista inglese Charles
Darwin.
Tra la fine
del XVIII secolo e l’inizio del XIX vi fu l’avvento delle idee trasformiste. Il
geologo inglese Charles Lyell affermò che le stesse forze che oggi operano
quasi impercettibilmente possono produrre i più profondi mutamenti nell’aspetto
del paesaggio terrestre, purché abbiano abbastanza tempo a disposizione. Anche
in Astronomia si fecero strada teorie più aderenti al principio delle cause
attuali, come quella di James Jeans sull’onda di marea o quella di Carl
Friedrich Von Weizsacker sui vortici. Allo stesso modo i biologi fecero tesoro
delle idee uniformitariste e abbandonarono le idee catastrofiste: le specie
viventi, avendo abbastanza tempo a disposizione, possono essersi sviluppate
secondo un processo di modificazione lento, ma inesorabile, simile nel modo di
svolgersi al processo che ha modellato la superfice terrestre.

|