di Rina Di Giorgio Cavaliere
Il carnevale ci introduce nel mondo burlesco delle
maschere. Oggi è diverso dal passato, tuttavia resta un periodo dell’anno per
divertirsi e ridere: tradizioni e feste organizzate. Non è celebrato nei paesi
anglosassoni, come Halloween non è
una nostra festa tradizionale, pur se largamente consolidata. C’è una
somiglianza tra loro; in entrambe le persone si mascherano e si travestono. In
Gran Bretagna il nostro martedì grasso Shrove
Tuesday era anticamente un giorno di penitenza; ora è noto come Pancake Day, perché in questo giorno si
mangiano ciambelle di farina, uova, burro e latte fritte nel burro. In Germania
al sud lo chiamano Fasching, molto
festeggiato soprattutto in Nordrhein-Westfalen.
Comincia ufficialmente l’11 novembre alle ore 11,11 e culmina con il Rosenmontag (lunedì che precede il
mercoledì delle ceneri, quando sfilano i carri). Feste interessanti hanno luogo
a Venezia, Bruxelles, Madrid, Parigi, Anversa, molto note quelle di Rio de
Janeiro.
Sappiamo che la parola maschera deriva da “masca” del
volgare medioevale e indica una faccia artificiale confezionata con diversi
materiali. Secondo altri deriverebbe dal vocabolo arabo “mascharà” che
significa scherno, satira. E’ collegata al culto religioso e alla magia,
entrambi elementi delle religioni primitive, ancora presenti, però, in alcune
culture. Le maschere rituali, usate per protezione della casa o dei campi,
erano anche applicate sulle facce dei defunti, quelle da guerra ingrandivano la
figura dei combattenti e ne rendevano la voce più sonora. Erano anche usate per
proteggere il viso dall’offesa nemica; nelle rappresentazioni teatrali dei
greci e dei romani coprivano tutta la testa, come le moderne maschere antigas o
i caschi per i motociclisti e gli astronauti.
A Roma furono importate dalla Campania con la commedia
atellana, che ritraeva con bonaria comicità fatti della vita quotidiana. Nel
medioevo ebbero notevole sviluppo su tutto il territorio nelle sacre
rappresentazioni, perché il diavolo vi appariva con una maschera tra paurosa e
di scherno; inoltre i travestimenti con le maschere in volto ebbero grande
importanza nei Trionfi e nei Canti carnascialeschi. Nella commedia dell’arte,
nata nella seconda metà del Cinquecento e fiorita nel secolo successivo, gli
attori improvvisavano volta per volta mentre, con l’evolversi della civiltà, le
maschere si personalizzarono e, a questi tipi fissi, rozzi protagonisti
improvvisati, se ne aggiunsero altre, che con il Goldoni toccarono le vette più
alte. Oltre alla figura del clown, nel tempo numerosi personaggi mascherati
sono nati dalla fantasia di scrittori, autori di teatro e produttori
cinematografici.
Ci riportano spesso alla nostra infanzia, quando
mascherarsi significava partecipare alla vita del paese, alla piccola comunità
dei compagni con il gioco organizzato insieme in strada. Giocare è anche
inventare, costruire, socializzare; tutte queste cose sono rare in città,
perciò si comprano più giocattoli ai piccoli o prodotti tecnologici di ultima
generazione. I bambini tuttora tendono a mascherarsi, perché in questo modo
riescono a trasformare il proprio essere incerto e debole in una personalità
nuova e più adulta. Alle maschere tradizionali abbinano i nuovi beniamini,
eppure Arlecchino, Pulcinella e Balanzone offrono ancora spunti efficaci per
educare alla fratellanza e alla bontà.

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