di Rina Di Giorgio Cavaliere
La guerra genera rovina
e devastazione, distrugge la nostra libertà e l’indipendenza dei popoli. Il
contrasto tra l’idea spesso nobile della guerra e la sua triste realtà di
sacrificio e di morte, la condizione umana di assoluta precarietà, è fissata
nei versi lapidari e ben noti della poesia “Soldati”: «Si sta come / d’autunno
/ sugli alberi / le foglie» (G. Ungaretti, 27 agosto 1916).
Alcuni scrittori e
poeti, tra cui Gabriele D’Annunzio e Giovanni Papini, il pittore Ardengo
Soffici furono tra i più accesi sostenitori dell’entrata in guerra dell’Italia
nel primo conflitto mondiale in una prospettiva di propaganda nazionalistica,
che identificava il ruolo dell’Italia con quello di una grande e potente
nazione. Altri vedevano nella guerra la fine di un processo già iniziato nel
Risorgimento. Fra questi, più legati al concetto di Patria come luogo natio che
a quello di nazione come grande potenza, vi furono Giuseppe Ungaretti e
Salvatore Di Giacomo, partiti volontari per il fronte.
In quel conflitto la
civiltà, creata dal lavoro di parecchie generazioni, andò distrutta e la
barbarie più selvaggia trionfò su tutto quanto costituiva l’orgoglio
dell’umanità. Qualunque sia la verità sulle responsabilità immediate della
guerra, questa fu il risultato dell’espansionismo di ciascuna nazione, per
soddisfare l’avidità di guadagni e fare incetta del lavoro umano e delle
ricchezze naturali del mondo.
Di certo il linguaggio
informatico consente un maggiore, attivo coinvolgimento di quanti sono
interessati alla conoscenza della storia del nostro Paese, come è avvenuto per
il centenario della Grande Guerra (in questi giorni è vivo il ricordo della
tragedia di Caporetto – 24 ottobre/12 novembre 1917). Ha permesso, infatti, di
modificare gli stili della conoscenza e dell’educazione alla pace, ampliando e
collegando i piani del discorso con un’organizzazione reticolare delle
informazioni raccolte e fornendo a tutti un prodotto aperto e fruibile, a
cominciare dalla scuola: libri in rete, film, documentari, dibattiti televisivi
. . .
Nonostante ciò, nel
mondo si configurano scenari apocalittici, emergono tutti i segnali di numerosi
conflitti e le probabilità di uno scontro imminente tra Usa-Nord Corea con il
conseguente impiego di armi nucleari; ma esiste una solida cultura della pace.
Anche Papa Francesco al recente convegno organizzato in Vaticano sul tema
“(Ri)Pensare l’Europa” ha affermato: «Europa, non è tempo di costruire
trincee».

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