di Rina Di Giorgio Cavaliere
Fra la primavera e l’estate del
1975 fu messa in onda una serie di caroselli televisivi, pagata dall’ex Ente Nazionale
per la Cellulosa e la Carta (ente di diritto pubblico istituito con legge 13
giugno 1935, n. 1453, per promuovere lo sviluppo della produzione e l’impiego
di materie prime nazionali nella fabbricazione della cellulosa in Italia),
perché fra i primissimi gruppi merceologici, che più pesavano sulla creazione
del deficit del commercio estero italiano, vi erano: combustibili fossili
(petrolio, carbone, gas naturale), carne bovina, legname e cellulosa.
Lo stesso ente si è adoperato negli
anni per sensibilizzare l’opinione pubblica al fine di ottenere un più
razionale impiego della carta. Allo stesso modo l’Unione Nazionale Consumatori
e Italia Nostra, la grande associazione nazionale per la tutela del nostro patrimonio
storico, artistico e naturale; successivamente il FAI, Legambiente . . .
I costi della cellulosa naturale
sono di gran lunga superiori a quelli della pasta sintetica; basti pensare al
lungo periodo di tempo richiesto dagli alberi e dagli arbusti, che forniscono
la cellulosa, per giungere a maturità. Spesso denunciamo il triste destino che
attende gli alberi che vivono in città, soffocati dallo smog, rinsecchiti per
mancanza di luce e oppressi dal cemento.
E che dire degli incendi che, puntualmente a ogni estate, devastano
migliaia di ettari del nostro patrimonio boschivo come quello verificatosi in
Sicilia a metà giugno: le fiamme hanno assediato i centri abitati del
palermitano con decine di intossicati e strade in tilt. Oppure quello sviluppatosi
in California, nella zona di Santa Barbara, ove sono andati in fumo
tremiladuecento ettari di verde.
Sappiamo che vi sono numerosi
incentivi economici all’utilizzo dei surrogati sintetici della carta e che
numerosi sono stati nel corso degli anni gli esperimenti di produzione di carta
sintetica derivanti dall’utilizzazione di sottoprodotti della raffinazione del
petrolio: i polimeri più comuni sono prodotti a partire da sostanze
derivate dal petrolio, ma vi sono anche materie plastiche sviluppate partendo
da altre fonti.
Conosciamo bene anche i danni
causati dal materiale sintetico, l’ultima notizia riguarda la microplastica, frammenti
microscopici che inquinano tutte le acque del nostro pianeta. Uno studio,
pubblicato su Science da un gruppo di ricercatori della svedese Uppsala
University, ha dimostrato che un ambiente caratterizzato da alti livelli di
microplastica può compromettere lo sviluppo dei pesci e aumentarne la
mortalità.
Tra le varie forme di degrado
ambientale, quello derivante dall’inquinamento delle acque è in assoluto uno
dei più preoccupanti per le conseguenze che ha sull’intero ciclo biologico
umano, animale e vegetale; turba quei delicatissimi equilibri, ormai millenari,
che hanno permesso lo sviluppo di una particolare flora o fauna. Nel 1986, la
legge n. 349 ha istituito il Ministero dell’Ambiente con il preciso compito di
tutelare il patrimonio ambientale italiano e coordinare il risanamento di
quelle aree particolarmente colpite dall’inquinamento. Sino ad oggi i risultati
sono stati parziali
Cosa possono fare i cittadini, le
grandi associazione, e i media, oltre all’assunzione del senso profondo della
responsabilità personale, che si attua e si manifesta soprattutto nelle scelte
e negli atteggiamenti corretti per conoscere, comprendere e modificare
positivamente il proprio ambiente? Sensibilizzare l’opinione pubblica all’uso ponderato
del materiale cartaceo, fare la raccolta differenziata o destinare giornali,
riviste e altro alle organizzazioni benefiche, che si finanziano con il
ricavato della vendita della carta da macero.

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