di Rina Di Giorgio Cavaliere
Il mondo in cui viviamo è sempre
più il risultato di cambiamenti, spostamenti, migrazioni provvisorie o
definitive, fughe per i meno fortunati. Sabato 16 aprile scorso abbiamo seguito
in diretta televisiva, con commozione, la visita del Papa a Lesbo. Abbiamo
conosciuto volti e storie dei migranti; dodici dei quali, rifugiati musulmani,
sono arrivati a Roma con il Pontefice. Lesbo è un’isola greca situata nell’Egeo
nord-orientale, di fronte alle coste della penisola anatolica. Il centro
principale è Mitilene. Con una superficie di 1.630 km² è la terza maggiore
isola greca per superficie e l’ottava del Mediterraneo; un mare la cui storia
si perde nella profondità dei secoli e dei popoli che lo hanno attraversato. Le
stratificazioni archeologiche, il sovrapporsi di elementi mediterranei e di
altre civiltà, testimoniano eloquentemente la complessa vicenda storica e umana
di queste isole.
Area mediterranea, dunque, intesa
storicamente come crogiolo di civiltà, punto d’incontro, scontro e
contaminazione di apporti culturali diversificati, ma interconnessi, che la
caratterizzano ancora oggi come espressione di Intercultura. Possiamo prendere
l’avvio dalla lettura del testo “Mediterranèe” di Fernand Braudel, dall’ampia visione,
estesa a millenni, che egli traccia e che va dagli albori della civiltà
mediterranea all’affermarsi di tecniche e commerci, ma anche di saggezza e di
un’arte di vivere. Sempre dalle pagine di Braudel apprendiamo notizie sulla
pesca, sul disboscamento, sulla coltivazione del suolo e sulle arti fiorite in
questo bacino (egli si riferisce in particolare a Venezia).
Non possiamo prescindere dalla
conoscenza ricca e approfondita della storia antica, dal valore formativo e
civile che hanno molto aspetti dello studio del lontano passato. Verifichiamo
così il passaggio da una storia che faceva perno sul Mediterraneo e l’Europa, a
quella odierna programmaticamente mondiale. Siamo consapevoli di essere
cittadini del mondo, per questo dobbiamo sottolineare la necessità e l’utilità
della diversità, e porre le basi per un’educazione multiculturale.
Come non riflettere sul tema
della diversità nella prospettiva dell’attuale globalizzazione, in cui si
assiste al progressivo venir meno delle differenze per quello che riguarda per
esempio la biodiversità; ogni sei ore una specie vegetale scompare dalla terra;
se si abbattono le foreste e si distrugge la biodiversità molte specie
spariranno, senza che l’uomo abbia fatto in tempo a conoscerle. O ancora la
progressiva scomparsa di molte lingue; un tempo le lingue parlate erano
diecimila, ogni anno ne scompare una sessantina. Così la diversità nella
cultura quotidiana: abitudini alimentari, dialetti, giochi . . .
Risulta in ogni caso evidente la
sostanziale unitarietà dello sviluppo storico nell’area del Mediterraneo; il
valore fondamentale dei contatti e dello scambio non solo di merci, ma anche di
notizie, informazioni e tendenze. Là vi sono radici di una storia culturalmente
comune la cui ricchezza è stata sempre funzione diretta della capacità di
assorbimento e confronto con l’altro; valorizzazione delle esperienze diverse
dalle proprie. Per la costruzione di un atteggiamento non grettamente
nazionalistico è fondamentale conoscere e apprezzare il contributo che tutte le
altre culture hanno dato alla nostra e concepire ogni civiltà come il prodotto
complesso di apporti, interazioni e scambi molto vivi sin dall’antichità.

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