di Rina Di Giorgio Cavaliere
La memoria dell’attacco
terroristico alle torre gemelle di New York e al Pentagono dell’11 settembre
2001 ha attraversato questi anni, mantenendo intatto il suo impatto emotivo in
noi. L’evento ha toccato le nostre coscienze, sollevando riflessioni di portata
epocale e considerazioni sempre più approfondite con il trascorrere del tempo sul
fenomeno del terrorismo e su tutto ciò che attorno a questo fenomeno ha preso
vita (vedi gli attentati di Parigi, il Cairo, Barcellona, Londra) e un vigore
che minaccia la pace nel mondo.
La pandemia da Covid-19 (negli
U.S.A. ha superato il numero di duecentomila morti), ha conferito una
percezione differente alla cerimonia dell’11 settembre 2020, che si è celebrata
in parte on line. Il Coordinamento Nazionale dei Docenti della Disciplina dei
Diritti Umani ha voluto ricordare il 19° anniversario di quello che è stato
definito il più grande attentato terroristico della storia contemporanea, in
cui persero la vita quasi tremila persone. La tradizionale lettura dei nomi
delle vittime da parte dei parenti è risultata un collage di video registrati,
per impedire che l’assembramento davanti al National September 11 Memorial
& Museum, in onore delle vittime sui luoghi dove sorgeva il complesso del
World Trade Center, diventasse un luogo di contagio e diffusione del virus.
Sono stati mantenuti i sei momenti di silenzio in corrispondenza allora degli
attacchi e dei crolli delle torri e le campane delle chiese di ogni credo religioso
hanno suonato alle 8,30 di New York l’inizio della cerimonia.
Fatti grandiosamente tragici,
come quelli legati all’emergenza sanitaria in corso, stravolgono il nostro
vivere sociale riferito a ogni settore della vita comunitaria. La risonanza che
assumono nella coscienza individuale e in quella collettiva possono facilmente
farci perdere il senso dell’educazione quotidiana con la quale dobbiamo
costantemente fare i conti. L’impatto con la realtà è il solo momento di
autentica verifica, perché saldamente legato alla concretezza che non stravolge
mai, anche quando si configura come duro richiamo alle incognite e alla necessità
di risolverle in un modo o nell’altro. Non dovrebbe essere difficile
focalizzare l’attenzione intorno al problema degli emarginati (poveri, malati,
carcerati) o a quello dei nuovi poveri, risultato della crisi economica attuale.
La Caritas li chiama “invisibili” e denuncia la crescita dei disoccupati (oltre
19.000 persone); la stessa paura del futuro segnalata da Emergency a livello
mondiale.
Cogliamo la tragica opportunità
che i fatti ci offrono per trovare spazi e tempi, che dovrebbero richiamare al
senso dell’amore per il prossimo anche in ambiti diversi, come riferisce la
notizia dell’Ansa riguardante l’Ordine francescano dei Frati Minori. In particolare
un’analisi pubblicata sul sito del Centro missionario tedesco a firma di padre
Johannes B. Feyer: “Invece di consentire alle grandi compagnie di pagare i
dividendi attraverso i fondi fiscali, l’obiettivo ora è quello di utilizzare i
fondi per salvare vite umane, alleviare la povertà e preservare posti di
lavoro. Invece di tornare alla normalità del profitto dell’economia
neocapitalista, ciò di cui abbiamo bisogna ora è la coraggiosa trasformazione
dell’economia in una vera economia sociale di mercato”.

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